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Professioni accoglienza

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... la frontiera non dovrebbe essere vista come barriera insuperabile quanto piuttosto come un confine che può e deve essere attraversato e, ancora, come un limite da rispettare perchè definisce la distanza minima necessaria per essere veramente liberi | Marc Augé

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  • Cartaceo

Il momento storico-sociale che stiamo attraversando sembra avere un tema di sottofondo che stentiamo ad assumere all’interno di una riflessione piú matura e ponderata. La situazione politica, sociale, religiosa, ambientale ed economica di questo ultimo scorcio di tempo, continua a gettarci davanti le interminabili sfaccettature e dimensioni dell’incontro con l’altro. In realtà, «la scoperta dell’alterità - scrive l’antropologo Claude Lévi-Strauss - è quella di un rapporto, non di una barriera».

Non è un caso che l’antropologo francese Marc Augé abbia affermato che è urgente ripensare la nozione di frontiera

in un’epoca che vorrebbe disfarsene: «la frontiera non dovrebbe essere vista come una barriera insuperabile quanto piuttosto come un confine che può e deve essere attraversato e, ancora, come un limite da rispettare perché definisce la distanza minima necessaria per essere veramente liberi». La nostra epoca non vuole saperne di frontiere, proprio perché pensa di ricostruire muri.

Anche di fronte a dinamiche sociali che sembrano smentirlo, il principio chiave dell’essere umano può essere cosí riassunto: è interessandosi agli altri che si impara a conoscere sé stessi. Cercare di conoscere l’altro da sé, come ha affermato ancora Marc Augé, significa mettere alla prova la relazione - fra un individuo e gli altri - che sta al centro dell’identità sociale, ma anche personale. Migliorare questa conoscenza significa abbandonare l’isolamento, sia per quanto riguarda me stesso, sia per quanto riguarda gli altri. “Mai senza l’altro”, ha osservato Michel De Certau, cogliendo cosí la formula sintetica e la declinazione di questo principio antropologico fondamentale.

Chi è questo altro o, meglio, chi sono questi altri? Ryszard Kapuscinski, da grande osservatore e narratore, ha scritto che sono persone fatte da due parti spesso difficili da separare. Una è l’uomo uguale a noi, con le sue gioie e i suoi dolori, i giorni fasti e quelli nefasti, che teme la fame e il freddo, che sente il dolore come una sventura e il successo come soddisfazione e appagamento. L’altra, sovrapposta e intrecciata alla prima, è l’identità culturale e religiosa.

Le due parti non appaiono mai distinte, allo stato puro e isolato, ma convivono influendo l’una sull’altra. Senza mai dimenticare che anch’io, infine, sono sempre un altro per gli altri.

L’accoglienza, pur tra mille difficoltà e contraddizioni, ma anche tra opportunità e creatività, sta diventando la cifra per affrontare la sfida di questo secolo, quella dell’incontro con l’altro. L’altro che viene da fuori, ma anche l’altro che abbiamo in casa, e che forse abbiamo “costruito” noi. Sta di fatto che non vi è professione che non abbia a che fare con l’altro, e non solo in quanto collega, ma anche come interlocutore, utente, cliente, cittadino. Le professioni di fatto hanno qui una opportunità decisiva per ripensarsi nel loro statuto, sociale, giuridico, economico e culturale.

E proprio all’accoglienza dell’altro possiamo ridare senso e valore a ogni professione.

Lorenzo Biagi

Editore
Proget Edizioni
Autore
Autori Vari
Consulenza Editoriale
Germano Bertin, Lorenzo Biagi
Lingua
Italiano
Anno Edizione
2016
Dossier n°
2/2016
ISBN
978-88-94868-13-5
978-88-94868-13-5

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